Due stagioni in Formula 1 dopo anni di successi nelle serie minori, il merito di aver portato nel “circus” un marchio come la Martini. La voglia di emulare la Ferrari. Il team dei fratelli Pederzani è stato tutto questo

Negli anni ’60 due fratelli visionari, Luciano e Gianfranco Pederzani, intrapresero un viaggio straordinario nel mondo dello sport automobilistico, fondando a Bologna la Tecnokart. Questo fu l’atto iniziale di una storia di successi che avrebbe segnato la storia delle corse. Nel 1962, la Tecnokart si trasformò in Tecno, con Gianfranco come geniale progettista del primo telaio e Luciano come creatore del marchio, raffigurato da un caimano, simbolo di forza e determinazione.

La Tecno non fu solo un nome, ma un’entità vincente. Grazie al genio di Gianfranco e al motore “Piuma”, la squadra sperimentò un periodo d’oro tra il 1962 e il 1967, conquistando quattro titoli mondiali, due europei e ben 25 tricolori. Il salto nelle monoposto e nelle categorie Formula 3 e Formula 2 portò a ulteriori trionfi, con piloti del calibro di Clay Regazzoni, François Cevert e Ronnie Peterson che contribuirono a plasmare la leggenda Tecno.

Il periodo di gloria della Tecno nelle categorie minori raggiunse l’apice tra il 1967 e il 1968. La vettura di Formula 3, caratterizzata da un telaio tubolare, serbatoio centrale e motore Ford Cosworth, fece il bello e cattivo tempo in tutta Europa, conquistando oltre cinquanta vittorie. Nel 1970, la Tecno sfidò la Formula 2 con la TF68, ottenendo il titolo continentale grazie alle imprese di Clay Regazzoni. Nel frattempo, la squadra continuava a brillare nella Formula 3, aggiudicandosi successi in vari campionati nazionali.

La TF71-Ford BDA debuttò bene con vittorie di François Cevert, ma problemi di affidabilità e ritiri impedirono alla squadra di lottare per il titolo. La vettura mostrò carenze strutturali e un peso eccessivo rispetto ai concorrenti, complicando la situazione. A quel punto i fratelli bolognesi pensano di sbarcare in Formula 1 nel 1972. I Pederzani si ispirano alla Ferrari. La vettura di F1 si chiamerà 123, ovvero motore 12 cilindri di 3 litri; la sigla delle vetture di Maranello, per lo stesso motivo, è 312. Il boxer sarà progettato in casa, come fa il Cavallino. Lo sponsor è la Martini che dopo i successi nelle gare di durata vuole entrare in F1. All’inizio del 1972 il motore, pensato da Pederzani e Renato Armaroli, gira al banco. I cavalli sono 430 a 12.100 giri. La cilindrata è di 2.960 cc (passerà a 2.995 allungando la corsa), doppio albero per bancata, quattro valvole per ogni cilindro, accensione elettronica Dinoplex Marelli. I cavalli rimangono 430 contro i 450 del Ford Cosworth ed i 480 del boxer Ferrari. Il telaio è quello in tubi della Formula 2, il passo misura 2.270 mm, 120 in meno della Ferrari 312B2. Il cambio è il classico Hewland FG400 a cinque rapporti, sui cerchi Campagnolo vengono montate gomme Firestone da 13”. Un grosso problema è il peso: la vettura denuncia 640 kg, un quintale più della Ferrari 312B2 e della Tyrrell 003. Al volate Nanni Galli e Derek Bell. L’annata è da dimenticare, con un solo arrivo, in Austria, dove Galli è ultimo e non classificato.

Per il 1973 la Martini vuole dare più poteri al direttore sportivo David Yorke che presto si scontrerà con il vulcanico Luciano Pederzani. Galli è passato alla Iso, arriva Chris Amon. Come telaista si ingaggia Ron Tauranac, fondatore della Ralt. Ma è incompatibile con Pederzani e viene sostituito da Alan McCall che disegna la PA 123/5. Il telaio in tubi viene abbandonato per una una monoscocca in lega leggera, i radiatori dell’olio sono sdoppiati e posti nelle fiancate, due anche quelli dell’acqua. La scocca è squadrata, il musetto carenato. Nel frattempo Yorke, in contrasto con gli italiani, commissiona all’inglese Gordon Fowell la PA 123/6 chiamata anche T731.

Gran Premio del Belgio a Zolder, il 20 maggio. Amon con la PA 123/5 è quindicesimo in prova ed arriva in fondo alla gara a tre giri da Stewart ma è sesto e porta a casa un punto iridato. A Montecarlo è dodicesimo (su 25) in prova, davanti anche alla Ferrari di Merzario. Dopo 24 giri, però, i freni lo obbligano al ritiro. Si saltano Svezia e Francia e, nel frattempo, gli avvocati dei Pederzani e della Martini hanno iniziato una battaglia legale. A Silverstone Amon prova la T731 di Fowell ma parte con la PA 123/5 e si ferma dopo sei giri per problemi al motore. A Zandvoort prova con la T731 e corre con la PA 123/5. Dopo 32 giri il cambio si rompe. Con la T731 tenta di qualificarsi in Austria senza successo. Resterà quella l’ultima apparizione della Tecno nel mondo della F1.

Nonostante la breve e travagliata esperienza in Formula 1, la Tecno rimane un pilastro nel patrimonio automobilistico italiano. Fondata con passione e successo nelle categorie minori, la squadra ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo delle corse automobilistiche. La sua storia di determinazione e innovazione è un ricordo eterno di come la passione e l’ingegnosità possono sfidare anche le sfide più impegnative.